Fast Hotel o Slow Hotel?

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Per capire i motivi dell’innovazione e del successo aziendale è sempre utile fare un salto laterale e mettere il naso – e forse pure la lingua – in campi diversi da quello alberghiero.

Mettiamoci nei panni di un imprenditore nel settore della pasta, chiamiamolo Mauro, che rifletta sul posizionamento del suo business. Mauro vuole aprire una rivendita di pasta. Se si chiede il motivo per il quale i suoi clienti dovrebbero comprare i suoi spaghetti, può rispondere in almeno due modi: 1) calorie, 2) magia e stile di vita.

Se Mauro si mette nel business della vendita di calorie, compete con altri che vendono calorie. Da un’indagine recente [1], i prezzi per una confezione di spaghetti di buona qualità variano da 45 centesimi a circa 1.45 Euro. Se Mauro apre una rivendita nuova, e quindi sconosciuta, potrebbe provare con il prezzo medio, diciamo 1 Euro, forse un po’ inferiore per attirare nuovi clienti e sperare nel passa-parola. Al massimo, puntando su pasta ad alto contenuto protetico di ottima qualità, potrebbe spuntare qualche decina di centesimi in più.

Solo un pazzo potrebbe sperare di vendere pasta a 10 Euro al chilo.

Eppure, almeno uno di questi pazzi esiste. Si chiama Oscar Farinetti, ha fondato nel 2004 una nuova catena di distribuzione alimentare, Eataly, e ha aperto o sta aprendo una trentina di negozi nelle capitali del pianeta. Ho scoperto Eataly qualche giorno fa nel centro di Manhattan, e ho cercato di carpire qualche suo segreto.

Il negozio si trova in uno dei posti più moderni, teatrali e simbolici di New York, all’ultimo piano di un centro commerciale appena terminato, nella zona del World Trade Center ricostruita dopo il crollo delle torri gemelle. L’edificio è caratterizzato da un lusso democratico dove dominano marmi bianchi, vetrate lanciate verso il cielo che lasciano filtrare lame di luce naturale, schermi grandi come campi da calcio. Insomma, uno dei rarissimi centri commerciali dove non vi manca l’aria dopo qualche minuto di permanenza.

Ci sono arrivato salendo dalla nuova stazione dalla metropolitana denominata World Trade Center Transportation Hub, aperta nel 2016.  I treni si fermano in una galleria ricoperta da un mosaico immacolato. Ad uno sguardo ravvicinato noto che le tessere bianche del mosaico in rilievo lungo le pareti citano estratti della costituzione americana e dei diritti dell’uomo. Mi è sembrato un modo chiaro di affermare in uno spazio pubblico “distruggete pure le nostre torri ma non cambieremo i nostri valori”. Si sciama assieme a migliaia di formiche urbane verso l’alto e verso la luce della piazza colossale chiamata Oculus, ricoperta da gigantesche ciglia di acciaio e vetro che si aprono verso il cielo. Si nota qualcosa di insolito al centro.

È una allegra macchina per fare la pasta a mano di dimensioni “americane”, che vuole farsi notare da distante e sorprendere. Sulla lama di pasta c’è un motto “Life is a combination of magic and pasta – Federico Fellini”. La manovella della macchina, come una specie di invito, indica la direzione da prendere per arrivare al negozio. Seguo il segnale nella galleria bianca e noto che nei cartelli stradali, “Eataly” è la sola indicazione presente oltre alle informazioni per raggiungere le varie torri – unica fra centinaia di negozi. La gigantesca macchina per la pasta è l’unico oggetto pubblicitario tri-dimensionale presente nella piazza. La mia ipotesi è che Eataly sia stato considerato il motivo principale, il fine ultimo, che spinge molte delle formiche umane ad inoltrarsi nella galleria di negozi, e magari acquistare qualche profumo, un orologio o un capo di abbigliamento durante lo spostamento. È un po’ quello che succede negli aeroporti, nessuno è lì con il fine di acquistare qualche prodotto, il fine è il viaggio, ma, approfittando del passaggio di persone per arrivare al cancello di uscita, decine di negozi aspettano speranzosi. Per Eataly, il viaggio intrapreso, l’amore che muove il cielo e le altre stelle, è quello nell’esperienza della cucina e dei prodotti alimentari italiani. E gli altri negozianti sono ben contenti di approfittare del flusso di pellegrini gastronomici.

All’ultimo piano della torre, con una vista rara sulla fontana del memoriale delle Torri Gemelle, sui platani arancio autunnali, e sui quarzi giganteschi dei nuovi palazzi, compresa la torre più alta dell’emisfero occidentale che ha sostituito le torri gemelle, c’è Eataly. Il New York Times lo ha descritto come un “megastore” che “combina elementi di un vivace mercato europeo aperto, un supermercato in stile Whole Foods, una food court di fascia alta e un centro di apprendimento New Age” [2].

Eataly oil

È una combinazione polimorfa di negozi dove alcuni prodotti sono creati freschi di fronte ai visitatori dietro a vetri trasparenti. Vedere i nidi di pasta fresca uscire dalla macchina per essere arrotolati da mani esperte è effettivamente magico e rimanda a tempi passati. Alcuni articoli sono quelli dei nostri supermercati di qualità, altri sono veri pezzi da boutique del cibo, ad esempio olio di oliva in confezioni dorate a circa 50 Euro al litro. Altri prodotti sono progettati apposta per il mercato americano. Abbondano spiegazioni brevi e chiare sulle tradizioni alimentari, gadget di tutti i tipi, libri, magliette, bandiere, corsi di cucina italiana, altari che celebrano prosciutti di Parma e speck dell’Alto Adige.

I negozi sono circondati in maniera strategica da vari ristoranti con stili diversi e prezzi che variano da alti ma abbordabili, a prezzi della serie “con quello che pago per un antipasto vivo per una settimana”. Il posto è talmente frequentato che molta gente mangia in piedi, divorando pizze e panini, fritture e ostriche, non scoraggiati dalle oggettive difficoltà di tipo ergonomico. Ci sono code ma l’organizzazione è quella di un orologio di precisione, lasci il numero di cellulare, giri tranquillamente negli spazi di vendita/istruzione/socializzazione, e ti avvisano con messaggi cortesi “mancano dieci minuti”, “il tuo tavolo è quasi libero, presentati all’host per essere accomodato”.  Complessivamente l’impressione è quella di orgoglio italiano “basato sui fatti”, non retorico ed esibito ma consapevole e solido, insomma l’esatto opposto del masochismo esibizionistico (“Tafazzismo” [3]) che domina ultimamente il discorso pubblico italiano.

Ho quindi capito il motivo per il quale ultimamente Farinetti è portato in giro come una Madonna pellegrina fra le varie trasmissioni televisive, ed è coccolato dal politico di successo di turno. Si noti bene, l’uomo Farinetti può risultare perfino un po’ antipatico per il suo ottimismo insonne e può risultare antiquato per le sue posizioni contro gli OGM, francamente in contrasto con il suo spirito innovativo e probabilmente – a mio parere – fruttuose per il marketing presso un certo tipo di clientela ma dannose per l’innovazione nell’agricoltura italiana. Ma al di là delle antipatie, bisogna riconoscere che il problema non è Farinetti ma la scarsità di “Farinetti” italiani che combinino visione, innovazione e successo imprenditoriale in questo periodo di pessimismo noioso, pigro e paludoso (vedasi alla voce Tafazzismo [3]). Bisognerebbe clonarlo in versioni diversificate. Ad esempio, una dozzina di Farinetti potrebbero dare una svolta preziosa al turismo italiano.

Dopo avere ammirato il coraggio e la visione del collega, cosa possiamo portare a casa per chi gestisce alberghi?

Il Mauro albergatore in questo caso ha almeno due risposte sul significato del suo business: 1) letti puliti 2) un’esperienza unica. Se vende letti puliti forse analizzerà la media dei prezzi di vendita dei concorrenti e cercherà di posizionarsi, magari abbassandoli di 5 Euro rispetto al vicino (che a sua volta li abbasserà di 5 Euro rispetto a Mauro, e così via fino a ridurre i prezzi ai costi marginali e quindi azzerare il profitto…). Se invece offre un’esperienza unica i suoi vicini si chiederanno invidiosi come mai ha ottimi livelli di occupazione delle stanze malgrado i prezzi spaventosi che applica.

Qual è l’analogo delle “magic and pasta” per il Mauro albergatore? Qual è l’analogo del fast food o slow food? Come fa Mauro a trasformare il suo albergo da mezzo (in concorrenza con tanti altri mezzi equivalenti) a fine, a motivo ultimo che muove il turista? Forse la differenza fra posti dove “vi sentirete come a casa vostra” e posti dove vivrete “un’esperienza che non potreste mai vivere a casa vostra”?  Parliamo di posti che spingono il turista ad uscire da casa propria per venire nel vostro albergo.

Trasformare il proprio albergo da mezzo (ad esempio per eseguire un lavoro in zona) a fine, a scopo che mette in moto l’anima del turista è il salto quantistico che molti albergatori possono fare per diventare un po’ più i “Farinetti del turismo”.

Riferimenti:

  1. https://ilfattoalimentare.it/pasta-proteine-prezzo.html
  2. Tardi, Alan (24 October 2007) “Spacious Food Bazaar in Turin Plans Manhattan Branch”, The New York Times
  3. https://it.wikipedia.org/wiki/Tafazzi

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